Sebbene i siti web possano essere divisi secondo tipologie che si basano sugli
obiettivi, è lecito assumere in ogni caso che vi sia un utente interessato
all’interazione, dalla quale vuole ottenere informazioni o più genericamente
accesso a beni o servizi.
Scopo di un sito web è quindi senz’altro consentire la disponibilità
di questo accesso. I modi sono quelli della comunicazione ipertestuale
e ipermediale: l’utente naviga all’interno delle pagine del sito alla
ricerca dell’accesso a ciò che gli interessa (un bene, un acquisto, un’informazione).
Gli studi di usabilità si servono di due ampie categorie di interventi
per migliorare questa interazione. La prima, più economica, è speculativa.
Una serie di esperti analizzano il sito o un prototipo dell’interfaccia
sulla base di alcuni assunti, alla ricerca di problemi, fornendo
in output una serie di osservazioni e dei suggerimenti per possibili miglioramenti.
La seconda, più costosa e più precisa, si basa sull’osservazione diretta
dell’utente-tipo alle prese con il sito in fase di progettazione o
di beta testing. A seconda dei compiti svolti dall’utente e delle difficoltà
incontrate si traggono dei suggerimenti per la progettazione.
Entrambe le categorie di tecniche sono utili, dato che risolvere tutti
i problemi di usabilità in un sito è praticamente impossibile, come
nota Jakob Nielsen. Tuttavia riuscire a ottenere che il 85% degli utenti
non incontri seri problemi di usabilità sarebbe un risultato di cui essere
molto soddisfatti, e tutt’altro che scontato. Ma quali sono dunque le
tecniche disponibili, e a quali di queste è più opportuno ricorrere?
Metodi analitici
Fra i metodi analitici dell’usabilità dobbiamo citare soprattutto:
- Analisi del compito (task analysis)
- Cognitive walkthrough
- Valutazioni euristiche
Sebbene siano sistemi differenti, tutte utilizzano come abbiamo detto
degli esperti che valutano il sito. E’ importante sottolineare (e sottolineare
al cliente) che questa analisi non viene condotta su basi soggettive,
secondo il gusto dell’analista o basandosi su una generica esperienza
arbitrariamente maturata. L’analisi viene condotta secondo principi che
sono stabiliti su base empirica. La task analysis richiede l’analisi delle
componenti del compito, il calcolo dei passi necessari allo svolgimento
di una procedura. Nel caso del cognitive walkthrough si tiene anche conto
delle caratteristiche cognitive dell’utente (competenze richieste, conoscenze
di dominio, eccetera), verificando sull’interfaccia/prototipo l’esistenza
di eventuali problemi rispetto alle previsioni.
La valutazione euristica invece valuta l’interfaccia sulla base di liste
di euristiche. Tali euristiche sono principi che hanno un elevato
valore predittivo perché rappresentano la sintesi dei problemi
di usabilità più frequenti organizzati in categorie. Le euristiche
di Nielsen, ad esempio, sono ottentute tramite analisi fattoriale
su una base di 249 problemi riscontrati in studi di vario tipo.
I metodi analitici sono particolarmente utili in fasi precoci del progetto,
quando i problemi di usabilità sono talmente numerosi che non avrebbe
senso sprecare dei soggetti (che rappresentano un notevole costo)
per rilevare errori che potrebbero essere facilmente identificati anche
da uno o più esperti.
Metodi empirici
Tra le tecniche empiriche, con l’uso di soggetti, abbiamo:
- Analisi dei tempi di esecuzione
- Questionari di soddisfazione
- L’osservazione diretta con annotazione degli errori
- Il pensare ad alta voce (thinking aloud)
e altre. Alcune richiedono laboratori attrezzati con telecamere o dispositivi
di rilevamento temporale, eventualmente specchi unidirezionali e così
via, tutti dispositivi che innalzano naturalmente i costi. Tutte richiedono
dei professionisti addestrati, perché quando si ha a che fare con
lo studio del comportamento di soggetti ci si trova quasi sempre a dover
progettare dei veri e propri disegni sperimentali per tentare di tenere
sotto controllo i problemi legati alla variabilità interindividuale e
alla scarsa naturalezza della situazione. Questo presuppone una certa
esperienza nella preparazione del setting, nella conduzione del test e
nell’analisi dei risultati, che andranno opportunamente classificati e
sottoposti laddove è possibile ad analisi statistica.
La durata di queste tecniche è molto variabile e naturalmente incide
sui costi. Le metodiche che prevedono l’osservazione e l’analisi del comportamento
dei soggetti possono essere più utili in fasi avanzate del processo di
progettazione: tipicamente dopo un redesign seguito magari alle prime
valutazioni effettuate con i metodi analitici che abbiamo visto sopra,
oppure laddove si voglia avere uno studio preciso su funzioni specifiche
di un’interfaccia, piuttosto che su aspetti di carattere generale. Ancora,
le tecniche empiriche ripetute più volte in fasi diverse consentono
di quantificare con buona precisione i miglioramenti ottenuti.
E’ importante insomma porsi di volta in volta gli obiettivi e le domande
più appropriate al progetto e usare le tecniche di analisi dell’usabilità
più adeguate all’obiettivo che ci si è posti. Questa capacità di focalizzare
le tecniche sui problemi appropriati è determinante. Una tecnica condotta
benissimo, ma a partire da presupposti errati può, com’è evidente,
portare alla totale invalidazione dei risultati, con conseguente spreco
economico.
In generale è bene, se si dispone di un budget adeguato, distribuire
l’investimento in usabilità su diversi test svolti a più riprese nel corso
della progettazione, in maniera da correggere e ritestare in un processo
iterativo e con tecniche differenti il prodotto. Ciò comporta un certo
dispendio da parte di designer e progettisti, e può talvolta essere visto
con riluttanza dallo staff di progettazione, ma porta a indubbi vantaggi
nel momento in cui il prodotto finale ha un ciclo di vita più lungo,
almeno nel senso che non necessiterà di premature modifiche (spesso le
modifiche a posteriori su un sito già pubblicato sono molto costose) e
darà una maggior soddisfazione agli utenti.
Nonostante questi vantaggi, la cultura dell’usabilità sul web non è molto
diffusa in Italia probabilmente per due motivi:
- da una parte essa richiede un lavoro d’equipe che coinvolge esperti
di usabilità e designer/progettisti che può non essere semplice
far accettare a tutti gli elementi coinvolti; - dall’altra in certa ottica manageriale (non certo quella che privilegia
il cliente e la qualità del lavoro) si preferisce tagliare i costi
per attività delle quali non si apprezzano benefici immediati ed evidenti.
Tuttavia una successiva analisi degli esiti del sito in termini di accessi,
gradimento e converting-rate (la percentuale di utenti fra quelli che
accedono al sito che riesce a portare a termine un compito significativo)
potrà dare una misura della validità o meno di tale rinuncia. In fondo
lo scopo è quello di aumentare le transazioni fra utente e sito. Non solo
l’usabilità propone dei metodi per farlo, ma ne può essere addirittura
verificata la portata a posteriori. Da tali verifiche come è intuibile
si potranno trarre indicazioni anche economiche piuttosto precise sui
rapporti costi/benefici delle analisi di usabilità.
Le analisi di usabilità si differenziano in definitiva dalle semplici
valutazioni svolte con altri approcci soprattutto per la verificabilità
dei risultati e per il contributo concreto che portano al processo di
design. Tale contributo focalizza l’attenzione su aspetti specifici
e realizzabili, anziché ridursi ad una semplice pagella del progetto,
che non sarebbe di nessuna utilità agli sviluppatori. E’ importante sottolinearlo:
l’usabilità non dà pagelle ai designer, ma tenta di aiutarli a risolvere
problemi che emergono durante l’interazione tra utente e interfaccia.
Sottolineare questo aspetto è compito degli esperti di usabilità
e può alle volte contribuire anche a vincere le resistenze alla collaborazione
di una parte dello staff coinvolta nel progetto.