La maggiore difficoltà della lettura a monitor (circa il 25% più
lenta che su carta) ha posto a designer e progettisti la necessità
di trovare dei modi che potessero bilanciare queste difficoltà.
Secondo la ricerca psicologica, la comprensione della lettura si compone
di due ordini di processi:
- il primo è percettivo e riguarda la corretta identificazione
e decodifica delle lettere che compongono le parole e le frasi. - il secondo è di livello più elevato e riguarda la
costruzione di una rappresentazione mentale del significato del
testo, a partire dalla decodifica svolta dal primo processo.
Questa rappresentazione mentale viene costruita a partire da rappresentazioni
di informazioni microstrutturali, che vanno ad attivare schemi e conoscenze.
Vengono quindi costruite rappresentazioni macrostrutturali e infine un
modello mentale coerente del significato del testo.
Rimandiamo questo secondo aspetto del processo di comprensione della
lettura ad un’ulteriore approfondimento (o ad uno dei corsi di web
writing che proponiamo), e soffermiamoci sul processo primario,
quello della corretta detezione di caratteri e parole. E’ infatti evidente
che il monitor va ad incidere proprio su questo processo, a causa:
- della minor risoluzione rispetto alla carta
- dell’emissione luminosa dei fosfori (più affaticante della
carta) - dell’innaturale posizione nella quale ci si trova ad affrontare l’atto
della lettura su monitor.
La nascita degli screen-font
Queste difficoltà hanno spinto diverse aziende a commissionare
a designer di talento l’ideazione di speciali set di caratteri (le font-family)
che potessero in qualche modo ovviare alla maggior difficoltà di
lettura che si verifica su monitor. In particolare, la Microsoft ha commissionato
al font-designer Matthew Carter l’ideazione di caratteri che potessero
essere utilizzati per il proprio sistema operativo. L’operazione aveva
un doppio obiettivo:
- da una parte commerciale: non è infatti infrequente (anzi,
è la fonte di reddito principale per molti font desiger) che
un’azienda commissioni per il suo logo o per la sua comunicazione aziendale
una famiglia di caratteri personalizzata, che rifletta la filosofia
dell’azienda e la renda unica dal punto di vista visivo e tipografico. - dall’altra, la ragione è pratica: avere delle lettere che
si leggano con facilità su monitor è particolarmente importante
per il miglioramento delle proprie interfacce.
Già il sistema operativo Macintosh utilizzava da tempo per i messaggi
di sistema un font particolare, il Chicago, dall’aspetto tozzo
e lineare, con poche linee oblique, facile da leggere anche a risoluzioni
piuttosto basse.
Matthew Carter (grazie anche al prezioso contributo di Thomas Rickner),
basandosi su lunghi studi ed esperimenti, ha identificato alcuni parametri
che gli hanno consentito di progettare i cosiddetti screen-font
per Microsoft: il Verdana (nel 1994) e il Georgia (in seguito).
Perché due? Se il Verdana nasce, come abbiamo detto, per essere
usato con il sistema operativo Window, il Georgia è stato pensato
come alternativa al Times per il nascente progetto del Microsoft Network.
Entrambi i tipi di caratteri vengono oggi distribuiti e installati gratuitamente
assieme al browser di casa Microsoft, Internet Explorer. Ciò che
ci spinge a parlare di entrambi questi due tipi di carattere è
che essi appartengono alle due categorie maggiori nelle quali vengono
classificati i font: caratteri con grazie (il Georgia) e senza
grazie (il Verdana).
La grazia perduta
Un tipico esempio di carattere con grazie è il Times (o
il New York per gli utenti Mac). Le sue lettere contegono delle piccole
appendici che accompagnano le linee ascedenti o discendenti "verso"
la lettera successiva. Si ritiene che l’uso faciliti la lettura su carta
e abbellisca i caratteri, soprattutto nel caso di paragrafi lunghi e densi.
L’altra categoria di caratteri è detta senza grazie, o ‘bastoni‘,
perché le sue lettere mancano completamente di queste appendici:
i caratteri sono composti da linee che terminano in maniera netta, come
dei bastoni, appunto. Degli esempi sono l’Arial, il Verdana, l’Impact,
l’Helvetica, il Chicago.
Nell’uso tipografico comune queste due categorie di caratteri assolvono
spesso funzioni logiche complementari: grazie alla loro maggior
facilità di lettura in testi lunghi e con dimensione ridotta, i
caratteri con grazie vengono usati per il corpo degli articoli.
Viceversa, i caratteri bastoni, non sempre adatti a testi lunghi, appaiono
più perentori e autorevoli nel rappresentare i titoli degli
articoli, a dimensioni più grandi, oltre a fornire un utile
contrasto visivo rispetto al carattere utilizzato per il corpo degli articoli.
Su monitor, e quindi su web, le cose come abbiamo visto sono un po’ più
complesse. I due font disegnati da Carter hanno entrambi la caratteristica
di essere più facili da leggere su monitor. Il principale problema
dei monitor è che hanno una bassa risoluzione: di conseguenza non
consentono ai caratteri di rimpicciolirsi mantenendo la nitidezza:
In pratica, come si vede, con il ridursi delle dimensioni del carattere,
il numero di pixel presente sul monitor non è sufficiente a rappresentare
in maniera nitida i dettagli del carattere, che diventa sfocato.
L’anti-aliasing
Questo problema è l’effetto dell’antialiasing a basse dimensioni.
Di cosa si tratta? L’antialiasing è una sorta di sfumatura che
rende il contorno delle lettere più morbido attraverso l’utilizzo
di pixel intermedi fra il colore di primo piano e di sfondo. L’antialiasing
nasce come espediente per superare la seghettatura dei contorni delle
lettere dovuta alla bassa risoluzione del monitor, ed è molto efficace
per dimensioni del carattere più grandi. Come abbiamo visto, però,
è una soluzione che a piccole dimensioni crea una sfocatura fastidiosa
che ostacola la lettura.
I browser e i sistemi operativi sono impostati in maniera da eliminare
l’antialiasing (a meno di non intervenire nelle preferenze), ma ciò
non sempre risolve il problema: le lettere sono, sì, più
definite, ma anche più irregolari, sopratutto a piccole dimensioni:
Il problema non riguarda solo le grazie o la nitidezza del carattere.
Su monitor spesso è anche l’avvicinamento fra i caratteri
a creare qualche problema. Alcuni programmi spaziano in maniera difettosa
alcune lettere, che si trovano così più vicine di altre
all’interno della stessa parola, creando raggruppamenti irregolari e ostacolando
la lettura. Nell’immagine qui sopra, la spaziatura fra le lettere ‘ix’
e le lettere ‘el’ nella parola ‘pixel’ sono sbilanciate anche a 11 pixel.
Omettiamo altri dettagli tecnici, per arrivare alla soluzione che Carter
ha utilizzato, soprattutto con il Verdana: questo set di caratteri appartiene
alla categoria ‘senza grazie’, ed elimina così i problemi specifici
legati alle piccole appendici dei caratteri. In più è particolarmente
curata la spaziatura fra le lettere, che è stata resa uniforme.
Fra gli altri pregi del Verdana va citato l’ottima resa del grassetto,
il bold tipografico, che serve ad enfatizzare i caratteri. Avendo pochi
pixel a disposizione, anche l’ingrossamento del carattere può essere
un problema, ma Carter lo ha brillantemente risolto.
Conseguenza: il carattere ‘perfetto’ per la lettura a monitor, anche
a dimensioni piccole.
Il Georgia, che pure non ha avuto l’enorme successo del Verdana anche
se sta conoscendo una stagione particolarmente fortunata dal momento che
un crescente numero di siti inizia ad utilizzarlo, è un carattere
con grazie particolarmente ben spaziato, e conserva una qualche parentela
stilistica con il più famoso Palatino.
Le dimensioni contano
Risolti dunque i problemi di leggibilità su monitor?
Magari. In realtà, la lettura è ancora faticosa: se miglioramento
c’è stato non è tale da farci gridare al miracolo. Le risoluzioni
dei monitor sono sempre basse, e, soprattutto, molti designer con la vista
di una lince continuano a progettare più per le proprie diottrie
che per quelle del pubblico medio, abbassando troppo la dimensione dei
caratteri.
Le sorprese maggiori vengono però da una serie di ricerche sulla
leggibilità dei font sul monitor condotte da Michael Bernard
et al. (Vai
alla ricerca, fuori da questo sito).
Secondo queste ricerche, a dimensioni dai 10 pixel in su, non vi
sarebbero significative differenze nell’accuratezza della lettura fra
gli screen-font (Verdana e Georgia) e font più tradizionali come
il Times e l’Arial. Non solo: la velocità di lettura è generalmente
maggiore per Times e Arial rispetto al Courier (il carattere che assomiglia
alla macchina da scrivere) e al Georgia!
Le sorprese non finiscono qui. La ricerca ha rilevato anche alcuni parametri
soggettivi, come la leggibilità percepita. Ovvero, l’impressione
di maggior o minor leggibilità che diversi font davano ai soggetti,
indipendentemente dalla prestazione reale. Ebbene, la leggibilità
percepita è generalmente maggiore per Courier, Arial e Georgia!
La piacevolezza dei font, invece, cambia ancora le carte in tavola. Il
Georgia sembra essere più attraente di Arial e Courier, e il Times
sembra più piacevole del Courier. Tuttavia, la scelta del font
preferito cambia ancora i risultati, a dimostrazione di quanto difficili
siano queste ricerche: il carattere scelto come preferito dai soggetti
(di età comprese fra i 18 e i 55 anni) è il Verdana, che
ha anche le prestazioni complessivamente migliori: non eccelle,
cioè, in alcuna categoria, ma ha risultati buoni un po’ in tutte
le misure.
Ulteriori ricerche sembrano necessarie, e altre ne sono state già
condotte, con soggetti di diverse età, dagli stessi autori. I risultati
sono ancora più complessi, e non li riassumeremo qui. Questo genere
di studi è però importante perché ci ricorda che
è bene evitare di lasciarsi andare con troppa leggerezza ad affermazioni
assolute: molte volte dipende davvero da quale angolatura si guardano
le cose (detto in maniera più rigorosa: con quale metodologia e
quali assunti si conducono le ricerche). Per quanto riguarda la pratica
sui nostri siti, Verdana e Georgia hanno comunque prestazioni discrete,
al pari dell’Arial, e sono scelte relativamente ‘sicure’.
Comunque decidiamo di comportarci, è importante mantenere almeno
una ferrea coerenza: a funzione uguale dovrebbe corrispondere sempre
tipo, stile e dimensione di carattere uguale. Niente di più
sciatto che veder utilizzato per gli articoli una volta l’Arial e una
volta il Verdana… oppure lo stesso carattere, ma con dimensioni diverse!
Ma queste sono norme di buon design e di buon senso, prima ancora che
di usabilità. Il buon senso non sempre dà le risposte migliori,
ma in questo caso pare essere una bussola più che affidabile e
a buon mercato rispetto a ricerche utili, ma dai risultati complessi e
dalle interpretazioni ancora non definitive.