L’usabilità delle tag cloud

Nel web si sono recentemente diffuse le tag cloud (nuvole di tag), una forma di visualizzazione dei dati che mostra un gruppo di parole (tag: cioè etichette relative ad un argomento) di grandezza differente. Le parole o etichette verbali più usate hanno un font più grande, quelle meno usate un font più piccolo. Lo scopo è dunque quello di pesare la grandezza delle parole in base alla loro frequenza. Oltre alla grandezza, le parole possono essere organizzate alfabeticamente, per similarità semantica, oppure casualmente. Le voci sono di solito link che portano ad un elenco di oggetti collegati a quella voce. Le tag cloud vengono dunque spesso usate come strumenti di navigazione.

Un esempio di tag cloud
La tag cloud dell’autore di questo articolo da delicious.com. In questa visualizzazione i tag sono ordinati alfabeticamente e oltre alla dimensione, viene usato il colore del font per differenziare i tag in base alla frequenza. In pagina sono disponibili controlli per modificare questo ordinamento, per cercare un tag o per modificare il numero di quelli disponibili.

Le parole possono riferirsi a cose diverse: possono essere gli argomenti o categorie usate negli articoli di un sito, oppure le parole che utenti diversi hanno assegnato ad un oggetto, ad esempio una foto. Le tag cloud sono state rese popolari proprio da servizi di User Generated Content (contenuti generati dagli utenti) come Flickr o Delicious. Gli utenti quando salvano o scoprono una risorsa, vi associano dei tag come chiave semantica per un futuro recupero.

I tag possono insomma essere visti esattemente come parole chiave, ma usate in maniera meno sistematica, per nulla gerarchica (anche se questo è un chiaro limite e alcuni servizi iniziano ad offrire un modo per organizzare gerarchicamente i tag) e più casuale.

Una volta assegnati i tag agli oggetti, le nuvole di tag vengono usate per presentarli all’utente quando si vuole ritrovare qualcosa. Il loro uso si è poi esteso su blog e siti in genere. Nonostante il loro ampio utilizzo, solo recentemente si è iniziato a indagare sull’effettiva usabilità delle tag cloud. Sono un buon metodo per ritrovare le informazioni?

Una ricerca sulle tag cloud

Martin Halvey e Mark T. Keane hanno presentato nel 2007 una loro ricerca con sei diversi metodi per presentare elenchi di voci, fra cui le tag cloud. Chiedevano poi agli utenti di trovare e selezionare alcune voci (città europee) in elenchi formati casualmente da una base di dati. Gli elenchi potevano assumere il seguente formato:

  1. Nuvole di tag in ordine alfabetico
  2. Nuvole di tag casualmente ordinati
  3. Elenchi orizzontali alfabetici
  4. Elenchi orizzontali casualmente ordinati
  5. Elenchi verticali alfabetici
  6. Elenchi verticali casualmente ordinati

I pesi alle parole venivano assegnati a caso. Sono stati sottoposti 62 soggetti a 1231 compiti di selezione, e registrati i tempi di esecuzione (i compiti hanno tutti avuto successo). Il risultato peggiore si è registrato proprio per le tag cloud! In realtà tutti i formati di presentazione che presentavano le voci disposte in maniera casuale, presentavano tempi mediamente più alti rispetto a quelli alfabetici. Ma anche fra gli alfabetici le tag cloud portavano a prestazioni peggiori.

Indicazioni meno ovvie sono giunte dall’esame della grandezza dei font nelle parole: sebbene in generale le parole più grandi venivano trovate con maggior facilità, alcuni partecipanti giudicavano complicato trovare parole grandi.

Un altro risultato della ricerca piuttosto interessante riguarda il tempo di selezione di un termine in relazione alla sua posizione. Le parole disposte in alto a sinistra in tutti i formati erano trovate più velocemente, congruentemente con il verso di lettura occidentale. Ma molto rapidi sono stati anche i tempi di ritrovamento di parole poste nell’angolo in basso a destra, o al centro della riga centrale. Questo sembra indicare che tendiamo a scorrere rapidamente gli elenchi o le nuvole di tag, anziché leggerle.

Sono noti anche studi di usabilità (in tedesco, ma vi è un riassunto in inglese in PDF) dove gli utenti giudicano la rappresentazione delle etichette a forma di nube generalmente difficile da comprendere (in particolare chi non è abituato non capisce perché alcune parole siano più grandi di altre) e difficili da usare, caotiche. Chi le conosce può comunque scegliere di usarle per risolvere alcuni tipi di compito particolari.

Tag cloud e formazione di impressioni

Ci sono compiti per i quali le nuvole di tag possono rivelarsi adeguate, anche se esistono comunque strumenti migliori. Rivadeneira e colleghi (2007) hanno studiato le tag cloud come metodo per formarsi un’idea rapida di un contenuto (impression formation). Il colpo d’occhio alla nuvola di tag rende generalmente bene il senso del contenuto o del corpo di contenuti che rappresenta. Per questo genere di compiti si osserva che in effetti le parole più grandi sono notate e ricordate di più, e in generale lo sono di più quelle del quadrante in alto a sinistra della nuvola. Invece le parole attorno alle parole più grandi non vengono ricordate meglio: non pare dunque esserci un effetto di prossimità. Tuttavia un elenco di voci di dimensioni identiche, simile ad un semplice menu di voci, con le più frequenti poste in cima, porta ad una impression formation anche migliore! Non pare esserci dunque una supremazia del tag cloud neanche in questo compito.

In sostanza, le tag cloud sembrano essere un sistema che piace a chi le sa usare, ma caotiche e difficili da capire e da usare per chi non le conosce. Inoltre portano a prestazioni peggiori rispetto a semplici elenchi di voci della stessa dimensione. E’ da preferire un elenco di voci ordinato alfabeticamente per il ritrovamento e la navigazione in elenchi di voci (magari indicando tra parentesi il peso delle voci), mentre un elenco che ponga in cima le voci più importanti è utile per compiti di impression formation.

Una conclusione parziale

Le tag cloud vengono usate sempre di più con vari scopi (per esempio analizzare in maniera rapida un testo, come nel caso di Wordle). Tuttavia non vi sono per ora evidenze che ne supportino l’efficacia come meccanismo di navigazione, di selezione di voci e di impression formation. Resta da capire quanto uno strumento del genere possa fungere da gadget, in un sito, e dunque fornire un elemento di divertimento che possa attrarre alcuni tipi di utenti: non abbiamo dati a riguardo. Anche in quel caso, però, è bene non contare sulla sola tag cloud come meccanismo di navigazione fra i tag.

L’esempio visto nell’immagine sopra tratta da Delicious è emblematico. Anzitutto, la tag cloud non è presentata di default, ma bisogna selezionarla da una serie di link. Nella pagina dedicata, sono poi disponibili molti modi di filtrare e visualizzare i tag. Come dire: una funzionalità avanzata, utile per i più techies degli utenti, ma non in primo piano per l’utenza media.

La discussione qui svolta è necessariamente preliminare e semplificata, in attesa che nuovi esperimenti e nuovi risultati possano offrire alcune indicazioni più precise su quali possano essere i migliori campi di applicazione delle tag cloud.