Negli ultimi anni negli studi di usabilità ha incontrato sempre maggior diffusione il rilevamento dei movimenti oculari, o eye-tracking. Si tratta di una tecnica usata da molti anni nella ricerca psicologica, con pro e contro ben noti. La novità di questi ultimi anni è però l’introduzione di un’attrezzatura per il rilevamento dei movimenti oculari molto meno invasiva e meno difficile da tarare.
I primi tracker quasi immoblizzavano gli utenti per mezzo di attrezzature fisse che comprendevano dei caschi e un fissaggio per il mento. I nuovi tracker sono basati su tecnologia a infrarossi e rilevano il movimento delle pupille senza alcuna costrizione per l’utente, a patto che rimanga in una gamma di distanza prefissata dallo schermo. I modelli più recenti incorporano tutto in un unico monitor, o addirittura in un unico insieme monitor + computer, alleggerendo di molto gli artefatti sperimentali che gravavano su questo tipo di ricerche, nonostante un costo ancora tutt’altro che accessibile ai più.
Ma a cosa serve l’eye-tracking?
La rilevazione dei movimenti oculari è in grado di identificare i comportamenti di fissazione e di saccade (movimenti rapidi) delle pupille del soggetto che viene testato. L’assunto teorico è che a comportamenti di fissazione corrisponda un maggior carico mentale, derivato da una maggior complessità cognitiva dello stimolo. Le saccadi indicano invece in che direzione si muove lo sguardo verso la prossima fissazione e consentono di identificare il cosiddetto “scan-path”, la traiettoria che segue lo sguardo.
Così, per esempio, i movimenti oculari sono stati usati in esperimenti sulla comprensione dei testi per indicare punti di elaborazione di un testo che indichino maggior complessità cognitiva.
Uno dei limiti di questa tecnica è che è in grado di rilevare fissazioni, saccadi, ordine di scorrimento visivo degli elementi che compongono una pagina, ma non è in grado di dire esattamente perché avvengano questi comportamenti. Dire infatti che c’è un aumento del “carico di lavoro mentale” non significa dire molto, a meno di non avere una teoria forte alle spalle e dati piuttosto robusti. In caso contrario sono spesso possibili spiegazioni alternative per i comportamenti osservati.
Chi è attratto dagli attrattori percettivi?
Ad un livello più semplice si possono utilizzare le rilevazioni dei movimenti oculari per studiare l’efficacia di specifici attrattori percettivi (come icone, immagini, titoli), o le strategie di esplorazione visiva di una pagina. Si tratta quasi sempre di studi atti a valutare l’impatto di una comunicazione visiva, più che l’usabilità di un messaggio (pagina web o testo che sia). Non ci dicono nulla, purtroppo, su cosa viene capito di quel messaggio.
In anni recenti, prima il Poynter Institute poi altri gruppi di ricerca hanno reso popolare l’uso di questa tecnica per analizzare il comportamento di esplorazione di pagine web. Da questi studi, replicati poco dopo anche dallo stesso Nielsen, sono emersi alcuni comportamenti, di cui l’unica cosa entrata nel patrimonio comune di chi si occupa di web è la “vulgata” dell’esplorazione della pagina secondo un pattern a F: si è visto che l’utente tipicamente inizia a esplorare la pagina guardando in alto a sinistra, e prosegue in orizzontale. Poi scende e prosegue ancora in orizzontale… Limitando la sua attenzione quasi sempre nella parte alta della pagina, sopra la piega.
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Questa estrema semplificazione dei risultati di una tecnica tanto complessa come l’eye-tracking non giova probabilmente né all’eye-tracking né all’usabilità, ma è indicativa delle richieste di ipertecnicizzazione che vengono dal mercato.
Non sono ancora risolutivi gli studi di carattere accademico. Potremmo definire eplorativi quelli del Poynter, mentre, come al solito, non abbiamo elementi scientifici per valutare quelli di Nielsen: sono probabilmente esplorativi anch’essi, qualitativi, se seguono la metodologia generale che si può leggere nei molti report del suo gruppo. I pochi dati sperimentali che abbiamo ci danno un quadro non ancora definitivo della complessità, ma anche delle potenzialità, di questo metodo.
Pattern a F, tipi di compito, tipi di pagine e sesso degli utenti
Vi sono per esempio studi che indicano che il tipo di compito assegnato agli utenti è una variabile determinante nell’influenzare il pattern di esplorazione della pagina (Rayner 1998). Non solo come è fatta la pagina (aspetto su cui si fondano di solito le ricerche di eye-tracking), dunque, ma anche i compiti da svolgere influenzano le strategie degli utenti. Non è ancora chiaro se tutti i tipi di task determinano cambiamenti, ma questa è una direzione di ricerca promettente, che vanificherebbe in gran parte la semplificazione consolatoria del “pattern a F”.
Vi sono poi robuste indicazioni circa una significativa differenza di genere nelle strategie di esplorazione delle pagine web. Maschi e femmine, insomma, hanno stategie visuali differenti. Questo già si sapeva. Ma è interessante trovare conferme anche nell’utilizzo delle pagine web (Jones, Stanaland e Gelb, 1998, Pam, Granka, Hembrooke, Gay, Feusner, Newman, 2004).
L’ultima di queste ricerche identifica poi come sia lecito aspettarsi una significativa differenza nel carico di lavoro mentale richiesto da diversi tipi di siti (news, business, ricerca, ecommerce), soprattutto in home page. Le strategie di esplorazione cambiano per alcuni tipi di siti.
Questa ricerca rivela un altro interessante aspetto: è emerso infattti che fra home page e pagine interne, anche sullo stesso sito, gli utenti hanno tempi, complessità e modalità di esplorazione differenti! Come esploriamo l’home page è insomma diverso da come esploriamo la pagina di contenuto.
La differenza di scorrimento visivo fra diverse tipologie di siti (news, ecommerce, ecc.) è inoltre meno rilevante nelle pagine interne che nelle home page, probabilmente perché in home page si esplora il sito per capirne il funzionamento e formarsi delle aspettative, mentre nelle pagine interne ci si basa su quelle stesse aspettative e si seguono comportamenti più mirati, meno esplorativi, e dunque meno variabili.
Interazioni fra variabili
Non paghi di tutte queste fonti di differenziazione del comportamento, vi è poi il capitolo delle interazioni fra tutte queste variabili: lo studio degli effetti combinati dell’ordine di presentazione delle pagine web (prima la home, poi una pagina interna, ad esempio) e del tipo di sito. O del tipo di sito e del compito assegnato. O del compito assegnato e del genere dei soggetti. O qualunque altra combinazione di interazioni, anche multiple, fra queste variabili, e altre che sicuramente potrebbero essere prese in considerazione.
Va inoltre sottolineato che è necessario un approfondimento teorico anche sul concetto di “carico di lavoro mentale”, che potrebbe non essere univoco e unidimensionale, come alcuni risultati sembrano suggerire.
Anche un nuovo studio, di fine 2007, della wichita university, sembra rivelare che il pattern a F varrebbe più per certi tipi di pagine che in generale. Ce n’è abbastanza, insomma, per seppellire dietro una coltre di cautele spessa così gli slogan sul pattern a F: le cose sono, come sempre, un po’ più complesse.
L’inizio di un percorso
Il settore di ricerca dedicato all’eye-tracking è dunque un settore molto promettente, anche se non va scambiato per quello che non è: non è la nuova parola magica dell’usabilità; non è il sostituto dei test di usabilità (anche perché misura cose molto diverse); non è lo strumento che darà dignità scientifica all’usabilità (che, se fatta bene, non ne ha bisogno), anche perché tutto dipende da come viene usato, e perché comunque gli altri metodi a disposizione dell’usabilità (test, soprattutto, ma anche questionari e interviste) godono degli stessi potenziali di scientificità (o di assenza di scientificità, se condotti male) dell’eye-tracking.
La possibilità di indagare l’attenzione, i percorsi visivi, il carico di lavoro mentale, e di far interagire questi aspetti con il tipo di compito, di sito, di caratteristiche dell’utente apre a nuove ed eccitanti prospettive di studio e di ricerca, anche per gli studi sulla comunicazione nel web, e nonostante i costi non indifferenti che è ancora necessario sostenere.