UXconference a Lugano

ux ConferenceIl prossimo 3 dicembre si tiene a Lugano UXConference, manifestazione rivolta a chi si occupa di design dell’interazione e dell’esperienza dell’utente (User eXperience, da cui UX, appunto).

Abbiamo rivolto a Luca Mascaro, fra gli organizzatori della manifestazione, un paio di domande sugli obiettivi di questo evento, occasione per fare anche il punto sullo stato del mercato e le prospettive della User Experience in Italia e in Europa.

Che cos‘è UXconference e a chi è rivolta?

UXconference è la prima conferenza svizzera sulle tematiche della progettazione dellʼesperienza dʼuso che nasce per mostrare le innovazioni di settore. La conferenza intreccia le tematiche della UXstrategy e della progettazione per siti mobile, della “playful user experience”, nonchè della metodologia di progettazione agile e dei suoi vantaggi. Si rivolge a imprenditori e manager di aziende operanti nello sviluppo software e nel marketing, designer di prodotto e di servizio, sociologi, psicologi, politici impegnati nellʼambito di prodotti e servizi informatici. E a chiunque sia interessato alle novità in fatto di esperienza dʼuso. La conferenza vuole rappresentare un punto dʼincontro e di discussione tra i maggiori esperti del settore, gli imprenditori, le aziende e i professionisti.

Da quanti edizioni è organizzata e quali difficoltà organizzative (o facilità, magari) incontrate?

UXconference è alla sua prima edizione, pur se idealmente preceduta nel 2004 da UICON. Non ho trovato particolari difficoltà organizzative, quanto piuttosto una difficoltà nel proporre la conferenza al di fuori del settore di riferimento, ma credo che questo sia legato ad una scarsa conoscenza di tali tematiche. E a questo, stiamo cercando di rimadiare con UXmagazine… 😉

Come si stanno evolvendo i temi della user experience in Europa e quali differenze ci sono in Italia, seppur viste da Lugano?

Purtroppo a distanza di qualche anno dall’introduzione del concetto di esperienza d’uso il mercato europeo non ha ancora capito esattamente di cosa si stia parlando. La tematica si è diffusa molto rapidamente nei discorsi ma la pratica quotidiana non ha avuto pari diffusione. Il mercato europeo anzichè coltivare una cultura di team multidisciplinari di UX, ha racchiuso spesso la tematica in singole persone o consultenti all’interno dei team creativi delle agenzie, tralasciando così uno dei cardini di questa disciplina. Questo fenomeno ha avuto una forte diramazione specialmente in Italia, dove per experience design si vende unicamente l’usabilità, piuttosto che la comunicazione visiva, piuttosto che l’architettura dell’informazione senza una vera e propria integrazione organica nel mercato.

Si ha però la sensazione di assistere ad uno spostamento di prospettiva che va dall’attenzione dell’utente come destinatario di un prodotto modellato su di lui, ad una disciplina dove si punta sempre di più ad un coinvolgimento emotivo, che miri in sostanza a fidelizzare, a divertire, non necessariamente nell’ottica della facilità d’uso ma del divertimento, appunto. E’ un problema di soldi (l’industria dell’intrattenimento paga di più di quella dei servizi) o ci sono altri aspetti da considerare?

Si, questo fenomeno esiste e personalmente penso sia collegato alla struttura del mercato che opera sui temi della UX (nel senso della risposta precedente) e anche ad una mera questione di ritorno di investimento. Ad oggi su tutti quei progetti di massa legati principalmente al mondo della comunicazione e che hanno spesso una durata temporale limitata (per esempio alcune micro-community o i siti di lancio di prodotti) l’investimento su quegli aspetti maggiormente legati all’estetica e all’intrattenimento dell’utente offre un maggiore ROI nell’immediato, il che è proprio ciò che strategicamente è corretto si ottenga da quei prodotti. Il grande problema e che le aziende che si occupano di UX maturando un know-how principalmente legato a questo tipo di sviluppi applicano la stessa logica anche su progetti più strutturali e continuativi portando così il progetto a non avere un equilibrio nei vari aspetti dell’esperienza d’uso (semplicità, gradevolezza, comprensibilità, etc..). Quindi questa aberrazione del sistema è da un lato provocata da un mero problema di soldi, ma dall’altro dal fatto che gli attori che operano sul mercato approcciano progetti troppo diversi tra loro con la medesima impostazione.

L’interaction designer o l’esperto di user experience è in grado di manipolare il comportamento degli utenti?

Certamente, il design di un prodotto o servizio per definizione ha sempre un impatto sul modo in cui verrà utilizzato, poiché per quanto cerchiamo di adattarci al modello mentale dell’utente lo portiamo comunque a confrontarsi con ciò che gli facciamo percepire. Un artefatto cognitivo implica un ragionamento nell’utilizzo da parte degli utenti e questo è particolarmente evidente in tutti quegli ambienti sociali dove le persone interagiscono con altre persone o contenuti. Un esempio tra tutti è la possibilità da parte di un utente di associare un rating ad altri utenti o contenuti. Il rating può essere dato su differenti scale (solo positive, positive e negative, quantitative, qualitative) ma l’utente sulla base dell’artefatto con cui si confronterà farà riflessioni differenti e dunque cambierà il risultato finale.

Il settore mobile si sta sempre più caratterizzando come uno di quelli di punta per la user experience. Quali sono le prospettive che immaginate più prossime?

Il mondo dei servizi mobili è quello che forse è cresciuto maggiormente negli ultimi due anni e anche il mondo della UX ha preso in carico questa sfida, fatta di nuovi scenari e ambienti operativi differenti. Sicuramente in questo campo la progettazione di servizi e interfacce per iPhone e Android la stanno facendo da padrone, sia per le potenzialità di personalizzazione che si hanno, sia per la vasta adozione da parte dell’utenza.

Vi è però una categoria di servizi emergenti in cui crediamo molto, vale a dire quella dei servizi iperlocali. Vi sono alcuni scenari in cui il web mobile diventerà sempre più locale e legato al luogo e alle risorse disponibili sul territorio locale su cui si potrebbero aprire tutta una nuova serie di scenari di interazione. Questa nuova filiera di servizi è agli albori ma sarà interessante tornare a progettare l’esperienza d’uso di un servizio legato ad una realtà fisica locale poiché si reintroducono tutta una serie di analisi del contesto che si erano un po’ perse nella progettazione di servizi generalisti.

Come evolverà il settore della UX?

Bellissima domanda, difficilissima risposta.

Un anno fa i principali stakeholders anglo-americani del settore puntavano tutto sul design sociale in ma oggi lo scenario di lungo periodo è profondamente mutato.

Secondo me l’evoluzione che invece oggi si sta delineando è verso una UX che deve sviluppare migliori metodologie per la progettazione multicanale e di applicazioni che sanno lavorare o in off-line mode o in tempo reale.