Ogni anno escono statistiche a dirci che gli italiani non usano i siti pubblici perché li trovano difficili e poco utili. Ok, lo sapevamo già, ma repetita juvant.
Ma perché i tentativi di usare il digitale e l’online per razionalizzare i servizi della PA per cittadini e imprese non stanno funzionando? Non stanno cioè producendo risparmi di tempo e di soldi, e maggiore soddisfazione dei cittadini?
Ci sono varie ragioni, ma una è particolarmente fastidiosa: per noi italiani creare un “servizio online” significa — nel migliore dei casi — creare una versione parallela e distinta del vecchio servizio offline. Esempi a iosa:
- La procedura di registrazione del voto online negli esami universitari? Nel dubbio convive con quella tradizionale, obbligando ad una trascrizione successiva!
- La fattura elettronica? Standard a parte e conservazione onerosa da spingere all’utilizzo di servizi a pagamento.
- I servizi online per le imprese? Certo, su portali separati da quelli istituzionali, previa autenticazione onerosa da richiedere tramite raccomandata con ricevuta di ritorno e risposta entro 30 giorni.
- Lotta all’evasione? Invece di mettere in comunicazione fra loro banche dati differenti, perché non obbligare utenti e contribuenti a duplicare l’invio della documentazione?…
La nostra traduzione digitale dei servizi è sempre una complicazione dell’esistente, mai una sua semplificazione. Un’aggiunta invece di una sottrazione. Ogni passaggio al digitale cui ho assistito creava problemi nuovi, che prima non esistevano. E con in più l’onere di riallineare due diverse procedure, che seguono canali non comunicanti, ma che bisogna ad un certo punto ricondurre ad ordine.
Service-design “digital by default”
“Passaggio al digitale” non può significare questo. Se significa questo, siamo tutti morti. Perché i costi lievitano, la gestione (già complicata offline) si complica di più e la complessità esplode finché il sistema implode causa costi insostenibili per gli utenti o per fuga dei medesimi dai servizi stessi.
Il modo corretto per mettere online la PA è quello di ripensare le procedure offline, per farle diventare digital by default. Ripensarle davvero. Una procedura online sostituisce e semplifica la corrispondente procedura offline, altrimenti non si attiva neanche. Basterebbe operare secondo un semplice rasoio di Occam, o seguire delle specie di leggi di Asimov del service-design:
- Una procedura online sarà attiva solo quando sostituirà integralmente la vecchia procedura con tempi di esecuzione inferiori.
- I costi di gestione e manutenzione della nuova procedura dovranno essere inferiori ai costi di gestione e manutenzione della vecchia procedura offline
- Le procedure che passano online saranno eseguite online anche dagli operatori che si occupavano della vecchia procedura offline.
E questo a prescindere dal co-design, dal service-design e dal design-thinking che adoperiamo nel processo: se il passaggio al digitale non segue queste regole, non serve farlo. E’ dannoso, qualunque cosa ci sia scritto sui documenti di strategia digitale. Persino — inaudito — qualunque cosa “ci chieda l’Europa”.
[La foto è Robot by wintersweet, su Flickr in Creative Commons BY, NC, SA].