Ping di Apple: i social network per aumentare il consumo di contenuti (a pagamento)

Con l’introduzione di Ping, sorta di funzionalità da “social network” integrata in iTunes, presentata ieri da Apple, l’azienda di Steve Jobs punta decisamente sull’aumento del consumo di musica. Seguito magari a ruota, grazie ai nuovi accordi commerciali con alcuni network statunitensi, dal consumo di video, di film e serie tv.

Il senso di Ping è quello che, d’ora in poi, potremo commentare e “votare” le canzoni dei nostri amici e far votare le nostre, scambiarci commenti (il Post ne riassume funzionamento e le possibilità). Il tutto con un’assunto molto semplice: gli scienziati sociali hanno scoperto che il consumo di media aumenta se è condiviso con altri. Cioè se è in qualche modo “socializzato”. Così sull’iTunes Store si potranno comprare, sperano probabilmente in Apple, più canzoni di quanto non si faccia finora (come ci ricorda Craig Hockenberry, anche se attualmente sono “hot” le applicazioni per iPhone, è bene notare che le Apps disponibili sono 225.000, mentre le canzoni su iTunes sono oltre 13.000.000… un mercato molto, molto più esteso, già interamente a disposizione di Apple).

Socialità sovrana e consumo di contenuti

I fantomatici “contenuti”, quelli che avrebbero dovuto essere “sovrani” nell’epoca di internet (o almeno così pronosticava Bill Gates in un articolo ormai introvabile del 1996: “Content is king”) sono stati finora assai meno profittevoli del previsto. Certamente molto meno di quanto internet non sia stata profittevole per i fornitori di connettività. Complici tanti fattori: dal peer to peer, a schemi di business poco attraenti, fino ad una gestione dei DRM a dir poco miope (anche da parte di Apple stessa). Se la gente online cerca soprattutto relazioni, non c‘è dubbio che però i contenuti condivisi possono essere al centro di una nuova rete relazionale. Ecco la scommessa al centro dei produttori di contenuti nell’epoca dei social network. Ne avevamo già parlato in gennaio. La mossa di Apple ora non fa altro che confermare che questa rientra nelle strategie persuasive di molti player.

Il modello di business di iPod è a rischio?

Ma significa anche che il modello di business di iPod ha bisogno di una rinfrescata: i concorrenti non mancano, a partire dalle radio online e dai servizi di Music Discovering. Che, con dispositivi portatili “always on”, potrebbero anche ridurre la necessità di “possedere” musica sul proprio dispositivo. Cosa che “metterebbe a dura prova”: http://stevekrampf.squarespace.com/blog/2010/4/26/apple-is-now-outflanked-on-their-itunes-business-model-for-m.html il modello di iPod/iTunes. In pratica, sono proprio le possibilità di connessione (in particolare 3G: non parliamo dunque tanto dell’Italia, ma negli Usa è un tema di una qualche attualità) di iPod e iPhone che rischiano di mettere in pericolo il modello di business di iPod. Riuscirà la “socializzazione” della musica a ridurre questo rischio?

Da noi, nel frattempo, stiamo ancora attendendo di veder sospesa quell’obbrobrio di Legge Pisanu che impedisce di fatto il wi-fi pubblico…

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